La
scuola a Fiano: il problema irrisolto delle strutture
Con
la riapertura delle scuole la situazione degli edifici scolastici del
nostro Comune è tornata all’attenzione generale.
Le smentite e le assicurazioni di rito del Sindaco e degli Assessori infatti
non possono nascondere i rilevanti problemi delle strutture scolastiche
né tantomeno l’inadeguatezza dell’azione amministrativa.
In particolare va ricordato che:
– L’elevazione della scuola elementare, prevista per il 1998
ma realizzata solo quest’anno, doveva terminare per l’inizio
dell’anno scolastico ed invece il cantiere è ancora aperto
con gli evidenti disagi prodotti.
– L’inizio della costruzione della Nuova Scuola Materna, che
l’assessore ai LL. PP. aveva promesso entro l’estate, è
ancora da definire: la scelta di costruire la scuola tramite una nuova
variante al PRG ha, come era da prevedere, allungato i tempi e non ridotto.
– La perizia sulla solidità statica delle strutture scolastiche,
iniziata lo scorso gennaio, ancora deve essere completata. Nove mesi per
una perizia sono davvero tanti e certo non tranquillizzano.
– L’Amministrazione aveva sbandierato le cifre delle manutenzioni
alla scuola media da fare nel corso del 2003: ad oggi nulla però
è stato fatto. Inoltre le manutenzioni della scuola materna ed
elementare sono rimandate ai prossimi anni
– È necessario ed urgente un intervento per l’ammodernamento
delle dotazioni di base (armadi, banchi, personal computer, ecc…).
Non servono miracoli ma un’azione di governo seria e concreta che
punti, in tempi certi e con investimenti mirati, a far fare un salto di
qualità alle strutture scolastiche.
L’incremento urbanistico e demografico del nostro Comune –
dovuto anche alle scelte di questa Amministrazione – non farà
che aumentare ancora di più i disagi ed i problemi che affliggono
le nostre scuole: è necessario intervenire seriamente. Subito.
La
scuola in Italia: tagli alla scuola pubblica, riduzioni di personale,
finanziamenti alle scuole private.
527
milioni di euro verranno ripartiti tra le scuole private italiane, questo
è quanto stabilito il 30 giugno 2003 con il decreto firmato dal
Ministro Moratti e dalla Direzione dei Servizi sul Territorio.
Le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano potranno impiegare
questa somma stanziando 157 milioni di euro per gli uffici regionali e
gli altri 369 milioni verranno distribuiti direttamente alle scuole.
Questo decreto sblocca i contributi alle scuole non statali italiane,
rimasti al palo lo scorso anno, in virtù del decreto taglia spese
emanato dal Ministro Tremonti.
Questo nuovo decreto viene emanato alla fine di un anno scolastico che
ha visto un forte intervento finalizzato alla destrutturazione della scuola
pubblica, culminato con l’approvazione della legge 53, ma iniziato
con la mancanza dell’assunzione in ruolo delle 30 mila nomine previste,
e con un costante ricorso ai contratti a tempo determinato. Lo scorso
anno scolastico infatti ha visto la nomina di 170 mila supplenti, di cui
105 mila con incarico annuale.
Al blocco delle assunzioni e all’applicazione delle norme previste
nell’ultima finanziaria in materia di completamento delle cattedre
a 18 ore, che porterà un taglio secco di oltre 1.500 posti, a partire
dal prossimo settembre, il Governo risponde autorizzando la spesa 261.820
milioni di euro per l’assunzione dei docenti di religione cattolica
e finanziando le scuole non statali.
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Piazza
stracolma per il confronto tra Bertinotti ed Epifani alla Festa di Liberazione
«Cacciare
Berlusconi per mettere in campo un’altra politica».
E’
difficile trovare una formula più precisa di quella usata dal segretario
del Prc Fausto Bertinotti venerdì sera nel corso del confronto
con il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani. Sul palco, insieme
ai due, c’è Paolo Mieli, ex direttore del Corriere della
Sera. Davanti, la grande piazza del festival nazionale di Liberazione
a Roma. Una piazza stracolma di compagni e compagne, e anche di tanti
romani capitati lì per soddisfare una curiosità, che hanno
seguito il dibattito fino alla fine senza faziosità e tifoseria.
«Ma davvero Bertinotti vuole unire la sinistra contro Berlusconi?»,
si chiede a voce alta una signora con la copia “ancora calda”
di Liberazione in mano. Il titolo del nostro giornale non lasciava adito
a dubbi: “E’ ora di mandarli via”.
Il segretario del Prc questo governo lo vuol far cadere davvero. E a partire
dalla battaglia su salari e pensioni. A partire da una stagione di lotte
contro l’ultraprecarietà. E come la pensa il segretario del
più grande sindacato italiano? Insomma, questa volta l’epicentro
di una eventuale crisi di governo è davvero la questione sociale.
Epifani si guarda bene dal negare che l’urgenza salariale sta diventando
la vera emergenza del paese, che le pensioni vanno difese con le unghie
e con i denti, che i diritti, a dispetto del risultato dei referendum,
vanno estesi e non semplicemente mantenuti per quei pochi che ce l’hanno.
Anzi, ad un certo punto il segretario della Cgil è costretto ad
ammettere: «La crisi sociale cresce». Le obiezioni di Epifani
sono tutt’altre. Ed entrambi di metodo, «non vendiamo la pelle
dell’orso prima di averlo catturato»; e poi: «la fase
è completamente cambiata. Potremmo trovarci davanti a problemi
completamente nuovi». Epifani pensa, e lo dice, alla fine degli
stati nazione e a una Europa che ancora non c’è tutta. Insomma,
sì al cambiamento ma prima bisogna prendere bene le misure. «Va
dato uno sbocco di certezze all’ansia che cresce nel paese».
Per una Cgil che sta uscendo con molta fatica dalle pastoie della concertazione
è già tanto. Ovviamente, Bertinotti si guarda bene dall’interpretare
il ruolo dell’enfant terribile. Sa bene che c’è una
stretta connessione tra quanto si costruisce adesso e quanto ci si ritroverà
a fare nel futuro. «Oggi iniziamo un processo. Non stiamo pensando
certo a una spallata», precisa Bertinotti. Tuttavia anche in questa
visione adulta della politica e della trasformazione sociale non può
non notare che la fase è cambiata, come dice Epifani, ma nel senso
di un peggioramento delle condizioni sociali. E la borghesia che fa? Che
fa Berlusconi? Il punto è proprio questo. La classe dirigente è
allo sbando. Berlusconi, come Bush, non sanno che fare e la risposta è,
nel primo caso fendenti mortali al welfare e alle pensioni, e nel secondo
caso la guerra. Berlusconi non sa far altro che rispondere con il blocco
ideologico affastellato con i detriti del suo schieramento. Le uscite
su Mussolini fanno parte, quindi, di una operazione politica e non sono
certo la conseguenza di una “caduta da cavallo”.
Fabio Sebastiani (sabato 20 settembre)
da Liberazione online
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